venerdì 22 maggio 2009

Intervista ad Alessandro Vanotti

(Foto by Bettini Photo)

Alessandro Vanotti ha 28 anni e sta disputando il suo ennesimo Giro d'Italia. È un gregario ambìto, negli ultimi anni al servizio di grandi capitani. Si è concesso un'unica vittoria fra i professionisti proprio nella sua Bergamo, nell'ultima tappa della Settimana Lombarda del 2007. Al Giro del Centenario è compagno di squadra di Ivan Basso, la divisa è quella verde-azzurra della Liquigas Doimo. Alla partenza da Venezia non era al massimo della forma, ma adesso si è ristabilito del tutto: «Sto bene. Ero partito con qualche problema fisico, ma di giorno in giorno sono migliorato e nel tappone di martedì col Sestriere ero con i primi». Una squadra a due punte, la sua, che infiamma le discussioni dei tifosi e le penne dei giornalisti, che cercano di capire quale sia la tattica e chi il vero capitano, tra Ivan Basso e Franco Pellizotti: «Finalmente è arrivato il giorno decisivo della crono delle Cinque Terre e Pelli è andato più forte di Ivan. Franco è in crescendo, invece Ivan secondo me andava già troppo forte in Trentino ed ha raggiunto il suo picco di forma, che sta mantenendo. Ora come ora Pellizotti ha qualche chance in più, ma anche Ivan non è fuori dai giochi. Purtroppo per lui non ci sono i passi dolomitici e non ha pane per i suoi denti, non può guadagnare minuti in salita». E il tuo ruolo esattamente qual è? «È un ruolo molto dispendioso. Prendiamo la Cuneo-Pinerolo. Dovevo restare fino alla seconda salita, ma ho tenuto e la squadra aveva bisogno di me, perciò sono arrivato fino all'ultima salita. Ho lavorato per 200 chilometri. Infatti sono arrivato proprio scarico. In gara ci sono tante cose da fare: tenere davanti Ivan, andare a prendere da bere, e tanto altro». Ti piace il percorso di questo Giro al contrario? «Sinceramente no, perché non è adatto alla nostra squadra. Sembra un Giro in discesa, da nord a sud. Finora la differenza in salita l'abbiamo fatta noi. Abbiamo fatto saltare tanti big, che senza il nostro lavoro sarebbero stati a ruota. Se fosse stato un classico Giro, adesso Basso sarebbe tra i primi tre in classifica generale. È una gara anomala, per gente esplosiva. Ma non è sicuro. L'ultima parola non è ancora detta». Cosa si impara stando al fianco di un campione così meticoloso come Ivan Basso? «Ho corso tanto insieme a lui e sicuramente sotto questo aspetto ha una marcia in più di tutti gli altri. È un campione sotto tanti punti di vista, mi ha fatto capire perché sia lì a lottare per un grande giro».Nella Morbegno-Bergamo il team ha concesso a Vanotti, unico alfiere Liquigas che quel giorno correva in casa, un po' di libertà: «Ho avuto spazio e sulla salita del Culmine San Pietro ci ho provato due volte. Ma la Lampre ha sempre chiuso. Ho sprecato troppe energie e sul Colle Gallo ero in affanno. Purtroppo è dura per un uomo della Liquigas andare in fuga, perché ti tengono sempre gli occhi addosso. Mi è piaciuta molto la tappa. C'era tantissima gente, sembrava di essere al Tour. Ad Almè mi sono fermato un secondo, ma proprio un secondo eh!, a salutare gli amici e mia moglie. Ho trovato tante scritte per me anche sul Colle Gallo e non me l'aspettavo. E poi sono stato al Processo alla Tappa. Una giornata di fatica ma bella». Come ti alimenti al Giro? «In corsa mangio i panini che ci preparano i massaggiatori, con marmellate, miele, frutta fresca. Quando la tappa è lunga faccio preparare anche due panini al prosciutto più grandi dei soliti. E poi ci sono i gel liquidi. Anche fuori dalla corsa dobbiamo stare molto attenti a ciò che mangiamo». Cosa non vedi l'ora di mangiare quando torni a casa? «Una bella pizza. Un fritto misto. Una birra e un bel gelato. Qua queste cose non si vedono. Non è semplice stare un mese in riga». Fare il Giro equivale a stare tre settimane senza la famiglia: come vivi il distacco? «È un po' dura, soprattutto adesso che ho una bimba piccola. Quest'anno Angelica ha un anno e due mesi e faccio più fatica. Lei è un vulcano di energie, è così vivace da sembrare più grande dell'età che ha. Nella tappa di Bergamo mi aspettava sul percorso insieme a mia moglie, ma in quell'attimo in cui mi sono fermato non mi ha nemmeno guardato, perché era interessata all'elicottero sopra di noi. Poi però sono venute a trovarmi la sera in albergo e Angelica mi ha riconosciuto. Mi ha detto mia moglie che quando sono tornate a casa la piccola piangeva», conclude Vanotti, che mentre ci parla si trova in un hotel a Lido di Camaiore, in riva al mare, al termine della cena che ha calato il sipario sulla giornata più attesa della seconda settimana del Giro, quella della cronometro individuale delle Cinque Terre.

Enula Bassanelli

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